La Compagnia degli operatori LabGDR, si è riunita ancora una volta per crescere, divertirsi e imparare insieme e, questa volta, con l’intenzione di affrontare un tema che a volte si preferisce fuggire ed evadere: il lutto e la sofferenza.
Mmm… strano! Un gioco per mettere in scena un’esperienza dolorosa per l’essere umano ha senso? E come si farà? Qual è il segreto per affrontare un vissuto tanto doloroso come il lutto? E un gioco può aiutare a capirlo?
Per rispondere a queste domande abbiamo utilizzato il gioco di ruolo Five Days, creato da Claudio Serena, sviluppato da Fumble GDR ed edito da MS edizioni nel quale i giocatori vestono i panni di personaggi con un vissuto spiacevole/traumatico collettivo. A condurci nella serata di gioco i tre facilitatori Claudio Serena, Claudio Pustorino e Alice Luidelli che, pur non ricoprendo il ruolo di master (essendo il ruolo non necessario nel gioco) ma di giocatori “senior”, ci hanno permesso di sperimentare il gioco da novizi con la tranquillità di sperimentare sapendo che c’era qualcuno di esperto che poteva informare e partecipare aiutandoci a portare avanti il gioco.
Fin dalla preparazione del gioco, nei giorni precedenti la sessione, il tema del lutto e della possibilità di affrontare individualmente vissuti perturbanti è stato nelle menti di ciascuno fortemente catalizzante. Dopo aver letto le avvertenze presenti nella guida del gioco una collega psicoterapeuta ha preferito non giocare per non dover affrontare temi che in quel momento preferiva evitare. Saper mettere confini e decidere a quali contenuti emotigeni dare accesso, d’altronde, è una abilità personale sana.
Eppure, l’esperienza avuta del gioco ci ha fatto cambiare atteggiamento e considerazione del gioco, relativizzando notevolmente la dinamica individuale dell’esposizione a contenuti perturbanti.
Il gioco, partendo dal nome e arrivando a determinare la strutturazione delle fasi che determinano le dinamiche di gioco è un richiamo diretto alle fasi del lutto del modello di Kubler Ross diffuso in Italia attraverso il libro “La morte e il morire” del 1969. Secondo il modello, la mente umana per affrontare i vissuti angoscianti della perdita attraversa un processo elaborativo distinguibile in 5 fasi caratterizzate: negazione, rabbia, negoziazione, depressione e accettazione.
Il modello ha avuto grande risonanza e diffusione, per la sua schematicità e rappresentabilità, tuttavia, sappiamo che queste fasi non sono necessariamente rigide e universali per ogni persona e situazione. Le persone possono sperimentare queste emozioni in modi diversi e in tempi diversi, e non tutti attraversano tutte e cinque le fasi. Studi e pratica clinica più recenti (vedi ad es. “Il Lutto” di Onofri e La Rosa del 2015) hanno adottato approcci più specifici sui vissuti individuali, abbandonando la spiegazione di fasi processuali conseguenti e concentrandosi sul vissuto traumatico e i processi elaborativi dissociativi individuali.
Il modello di Kübler-Ross è stato spesso applicato alle persone che affrontano la propria morte o la morte di una persona cara, ma può anche essere utilizzato per descrivere come le persone affrontano altre perdite significative, come la fine di una relazione o una transizione importante nella vita. Questa sfumatura è colta pienamente dal gioco, nel quale tutti i personaggi giocanti hanno un’esperienza comune l’incidente, con il quale si dovranno confrontare in modo più o meno diretto a seconda delle scelte dei giocatori e tendendo piano piano ad una costruzione narrativa condivisa del fatto. Centrale è anche il ruolo della Famiglia o del gruppo di appartenenza, infatti, tutti gli attori in scena sono membri della stessa famiglia o gruppo che ha sperimentato un vissuto perturbante del quale tutti hanno subito riverberi emotivi e che durante i turni di gioco andrà progressivamente svolto.

Il gioco ha un ritmo scandito in 5 fasi (corrispondenti alle fasi di accettazione del lutto secondo il modello KR) con la possibilità di passare da una fase all’altra in modo libero. Potrebbe essere spaesante per un giocatore alla prima esperienza di gioco ma, tuttavia abbiamo trovato molto interessante la dinamica per cui ogni giocatore diventa protagonista di una delle fasi scelta autonomamente portando ad un coinvolgimento omogeneo all’interno del gruppo tavolo. Ogni altro giocatore, infatti potrà partecipare alla fase così come è stata iniziata dal giocatore di turno, sia perché direttamente coinvolto da lui, sia di propria iniziativa, spinto dalle dinamiche di gioco a sintonizzarsi al vissuto del giocatore di turno. Durante la messa in scena della fase il giocatore dovrà scegliere e interpretare la risposta ad una domanda posta dai creatori stessi del gioco. Le domande poste ad ogni fase al giocatore obbligano i partecipanti ad interrogarsi su diverse dinamiche presenti durante e dopo un conflitto alimentando il processo metacognitivo di ogni singolo individuo.

Questo viene ulteriormente alimentato dalla dinamica legata alla risposta a tali domande: il giocatore a cui si pone il quesito risponde ad alta voce, giustificando sia le sue scelte passate che le scelte presenti permettendo a tutti i giocatori un’analisi delle azioni del giocatore nell’immediato e ad una serie di reazioni a cascata nelle fasi successive. Il continuo far interrogare i giocatori sui propri sentimenti e sui sentimenti degli altri attori porta il giocatore a porsi continuamente dall’ “altro lato della barricata” immedesimandosi o analizzando le azioni dell’altro. I partecipanti sono inoltre portati ad interrogarsi sulle loro di azioni e le conseguenze che esse hanno avuto su sé stesso e sugli altri.
La componente emotiva legata alle 5 fasi del lutto, fulcro e motore del gioco, ha potenzialità anche per la fase diagnostica di un paziente e può aiutare ad inquadrare il caso raffinando la rappresentazione del funzionamento metacognitivo: è possibile, infatti, discutere al termine della sessione delle scelte fatte e dei vissuti provati attraverso un momento Meta2, così come a livello Meta1 la scelta maggioritaria di una determinata fase del lutto, unita alle domande e in concomitanza con la caratterizzazione e alle reazioni del sé simulato durante le scene, possono essere fattori d’analisi dello stato emotivo e dei processi elaborativi cognitivi che il clinico esperto può osservare e restituire in opportune modalità al giocatore.

Il sistema Token che compone l’architrave degli ingranaggi che fanno procedere il gioco, è ben strutturato, spinge ad un uso oculato della propria iniziativa ed è ottimo strumento per partecipare all’interno delle scene ed interagire attivamente con gli altri protagonisti. Ha il potenziale rischio di facilitare l’interazione tra giocatori più estroversi, intraprendenti e particolarmente attivi, escludendo chi con maggiore reticenza si espone nell’interazione.

Five Days è un gioco molto versatile, che può essere usato utilizzando il Metodo LabGDR per perseguire obiettivi stimolando i partecipanti nelle interazioni reciproche e nell’utilizzo di abilità metacognitive. Il gioco ha il potenziale per essere uno strumento terapeutico per quanto riguarda famiglie conflittuali, vissuti spiacevoli e conflitti interpersonali con maggior incidenza nei casi segnati da comunicazione disfunzionale e risentimento. Chiunque ha avuto nel proprio vissuto conflitti che hanno portato alla rottura di relazioni e legami molto importanti e non è facile all’interno di tale conflitto mantenere una posizione equilibrata, cercare di comprendere il vissuto dell’altro decentrandosi dal proprio. Spesso negli anni fattori come incapacità comunicative, sentimenti negativi ormai permeati nell’individuo, deficienza empatica, conflitti di interessi e cecità emotiva non fanno altro che alimentare il conflitto. Il gioco ha la potenzialità strutturale di attivare le abilità metacognitive del decentramento, della differenziazione e della mastery dando al giocatore la possibilità di osservare sé stesso, le sue azioni e le sue scelte e dall’altra lo guida indirettamente verso la comprensione delle azioni e le scelte degli altri. Altro elemento molto stimolante del gioco è la sua tensione narrativa convergente, come un punto prospettico di sintesi verso il quale si muovono e si armonizzano gli spunti che i giocatori inventano e apportano. E quel punto non è deciso dal master, non è prefissato dal gioco ma è una narrazione condivisa alla quale partecipano stratificandola nel tempo e in diversi punti di vista, tutti i giocatori. La ricomposizione narrativa di un vissuto traumatico è spesso un fattore estremamente importante per la sua risoluzione proprio a causa della dissociazione deframmentante che il dolore intenso procura.
Lo consigliamo per laboratori con adolescenti ed adulti nei quali il ruolo di facilitatore deve essere orientato sia alla stimolazione del gioco ma anche alla vigile attenzione dei temi che possono emergere, delle modalità in cui vengono trattati di modo da non consentire perturbazioni emotive eccessive.
E quindi c’è o non c’è questo segreto per poter affrontare la sofferenza che ogni legame porta con sé quando si incrina o spezza? Un modo c’è per affrontarla ma non è un segreto e a volte ce ne dimentichiamo e il gioco di ruolo Five Days ce lo ricorda: è affrontarla insieme.

By La Compagnia degli Operatori LabGDR